giovedì 4 giugno 2020

Le mille voci della Divina




Maria Callas è stata un mito. Chi non la conosce forse pensera’ sia il soprano con la voce piu’ bella e potente della storia, o con la carriera piu’ lunga….nulla di tutto cio’. Eppure è stata sicuramente il soprano piu’ famoso nella storia dell’Opera lirica.
Chi l’ ha conosciuta, anche solo attraverso i suoi dischi, la descrive semplicemente con due parole: La Divina.
Ma quale era il suo segreto? Sicuramente il suo essere un’attrice che invece di recitare in prosa, recitava cantando. E come poteva questa donna interpretare ruoli cosi diversi e distanti tra loro non solo interpretativamente ma anche vocalmente?
Per me questo è rimasto un mistero per lunghi anni, come penso pure per molti cantanti, musicisti e direttori.  Non era pero’ un mistero per i colleghi della Callas stessa , i  quali cantavano anche loro nel medesimo modo. Beniamino Gigli, Mario del Monaco, Tito Gobbi: anche essi riuscivano a passare da ruoli lirici o lirico leggeri  a ruoli drammatici con una facilita’ estrema, sia nella voce che nell’ interpretazione teatrale.
Personalmente ho avuto la grande fortuna di essere stata selezionata giovanissima per i Master class con il mezzosoprano Christa Ludwig ed il basso greco Nicola Zaccaria; la mia stessa insegnante presso il Conservatorio Statale di Atene, Kiki Morfoniu, era stata Adalgisa e Neris al fianco della Callas nelle rispettive opere Norma e Medea, al Festival di Epidauro negli anni '61 e '62.
Ciascuno di questi grandi interpreti mi ha donato un pezzettino dell' infinito puzzle del "Recitar cantando", e accanto a questi celebri artisti si respirava veramente " aria di teatro".



Eppure, solo quando ho incontrato la signora Barthelemy e la sua opera d’ ingegno, il Metodo vocale chiamato “La voix libereè”, sono riuscita a capire in profondita' i movimenti tecnico-vocali che permettevano a questi grandi cantanti di creare tali alchimie con la loro voce, talmente sublimi da sembrare sovrannaturali.
Al primo impatto il Metodo di Yva Barthelemy pare eccentrico, originale e all’avanguardia; ma dopo 15 anni che lo pratico e lo insegno, essendone formatrice certificata, ho compreso che esso è in realta’ assolutamente ancorato alla tradizione operistica del Belcanto Italiano, ed è un mezzo indispensabile per comprendere nel profondo il "Recitar cantando" italiano.

"Lò A Lò": questo è il vocalizzo chiave su cui si basa tutta la tecnica.

Piu’ che un vocalizzo sembra un esercizio ginnico per la voce: La O deve essere scura, coperta come la parola “l’eau” francese, con bocca in verticale. La A deve essere aperta, una chiara A italiana, sorridente e orizzontale. Queste vocali vengono alternate vocalizzando cinque note. Se l'allievo riesce a vocalizzare nel modo corretto questo esercizio in tutta la sua estensione, allora sa cantare. Un aforisma di Edouard Manet  puo’ aiutarci a comprendere : “In una figura, cercate la grande luce e la grande ombra, e il resto verra’ da sé”. Infatti questo vocalizzo, piu’ che un punto di inzio è un punto di arrivo. E’ una bussola ed un faro in mezzo alle mille contraddizioni del canto.

Tutti sono d’ accordo sul fatto che il canto sia molto difficile da insegnare proprio perché è uno strumento nascosto, nonchè collegato alla psiche.  Ricordo ancora le innumerevoli volte in cui incantata assistevo alle lezioni di arte scenica del celebre baritono greco Kostas Paskalis, che ha ci tramandato generosamente i suoi i segreti dell'interpretazione teatrale. Mi rendo conto che in quei momenti capivo intuitivamente i sottili equilibri che governano la voce, proprio grazie allo studio delle emozioni e dei sentimenti espressi attraverso il corpo ed il linguaggio non verbale.
Negli anni di professione e ricerca personale posso dire di aver capito completamente anche in maniera logico-razionale quello che voleva trasmetterci, grazie al Metodo di Yva Barthelemy. Essa in gioventu' ascolto' ed osservo' scrupolosamente Maria Callas  dal vivo durante i suoi ultimi concerti a Parigi,  in modo da comprendere a fondo i meccanismi della sua stupefacente vocalita', fortemente legata alla postura del corpo e alla gestualita'.

Alcune persone oggi pensano che la tecnica possa in qualche modo “imbalsamare” il cantante. Niente di piu’ distante dalla realta’… la vera tecnica libera il cantante.
‘E pur vero che all’ inizio, nei primi anni di studio, si pensa solo alla coordinazione dei vari movimenti ed il lavoro è principalmente tecnico-mentale.
Ma esso è un lavoro indispensabile per poter formare la tavolozza dei colori della voce, cosi' da poter esprimere spontaneamente la propria anima.
L’anima vive di emozioni contrastanti: serenita’, speranza, gioia…. malinconia, tristezza, timore…. sdegno , rabbia , disperazione…..coraggio, paura… le sfacettature sono infinite. 





Non si puo’ certamente esprimere con lo stesso suono emozioni cosi’ diverse . Nell'opera lirica la parola d' ordine è "Recitar cantando":
espressione significativa e precisa,  che non significa cantare recitando. Oggi purtroppo questa differenza essenziale si sta perdendo. E’ molto raro sentire le emozioni attraverso la voce di un giovane cantante lirico. Principalmente tutti i giovani talenti hanno belle voci, ottimi strumenti musicali , ma questa sterile tecnica non è consona all'Opera Lirica per come era stata concepita dai suoi autori. Essi chiedevano agli interpreti, prima di tutto, di trasmettere le diverse emozioni unicamente attraverso il suono, senza alcun aiuto o elemento scenico.
Al giorno d'oggi purtroppo Teatri e Fondazioni Liriche, avendo un ritmo stringato e precedenze di business manageriale, spesso dimenticano le regole sacrosante della tradizione del passato.
Ai cantanti è richiesto generalmente di saper usare un colore scuro per le opere drammatiche ed uno piu’ chiaro per le opere buffe, per cui oggi, fatta eccezione di pochi grandi nomi del panorama lirico mondiale,  i “colori  vocali “ si sono ridotti drasticamente.  Ma questa non è sicuramente l’ Opera per come era stata concepita. 
La Camerata de’ Bardi nella bella Firenze del 1600 invento' il Recitar cantando (ovvero l’ Opera lirica) sulla base della teoria degli affetti (cioè le emozioni) .
E’ importante ricordarlo sempre, è fondamentale non dimenticare le proprie radici. 

Personalmente sono inifinitamente grata dell’opportunita’ che ho avuto, nel mio percorso di studi e di ricerca, nel seguire prima i grandi cantanti del passato, quindi la signora Barthelemy quando ero gia' una cantante professionista.
Riuscire a carpire i segreti dei miei idolatrati cantanti per me è stata un’enorme soddisfazione. Come anche comprendere che, incredibile ma vero, quando si capisce il meccanismo, tutto diventa semplice. Tutto acquista un senso come in un puzzle in cui i vari pezzi trovano il loro posto preciso, e il lavoro tecnico- artistico si avvale di una precisione scientifica. Nulla piu’ viene affidato al caso.
Tutto ha una causa ed il suo effetto. La cosa meravigliosa è che, comprendendo in profondita’ il Metodo, si riesce a trasmettere questa immensa eredita’ artistica alle nuove generazioni. "La voce liberata" puo' diventare cosi' strumento dell' “ L’anima liberata” per ogni giovane artista.
 
Sara Nastos

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